La Corte d’Appello di Venezia, con un interessante arresto del 18.07.19 in tema di revocatoria fallimentare, analizzando le argomentazioni spese dalla curatela per sostenere la scientia decoctionis della banca convenuta, ha chiarito che gli Istituti di credito non sono tenuti a svolgere valutazioni che comportino riclassificazioni delle poste di bilancio:

Soprattutto, non vi è prova che, in concreto, B.B. s.p.a. abbia elaborato e comparato gli indici presi in considerazione dal c.t.u. e neppure vi è prova che, più in generale, fosse prassi delle banche impiegare detti indici nel momento in cui veniva concesso il credito e, soprattutto, nel corso del rapporto.

Come precisato dalla Suprema Corte, occorre che chi agisce in revocatoria provi che i criteri di giudizio in concreto utilizzati corrispondano alla prassi degli istituti nella concessione del credito (Cass. civ. 29 luglio 2014, n. 17208), tanto più nel caso di specie, ove non si trattava di concedere nuovo credito, ma tutt’al più di revocare quello già concesso, peraltro di ammontare complessivamente modesto.

  1. In definitiva, se lo stato di insolvenza poteva desumersi non da un normale esame dei bilanci (del triennio 2000-2002), ma solo dall’analisi, congiunta e comparata, della pluralità di indici elaborati dal dott. Matteazzi, rimane indimostrato che la banca abbia compiuto un’indagine simile a quella eseguita dal c.t.u. ed abbia perciò avuto consapevolezza (nel giugno 2003 e comunque prima del maggio 2004, allorché revocò l’affidamento) dell’insolvenza di E. s.r.l..” (Corte d’Appello di Venezia 18.7.2019).

La sentenza riveste notevole interesse per gli Istituti di credito, che puntualmente si vedono convenuti dalle procedure fallimentari che instano per la revoca di pagamenti intervenuti nel periodo sospetto.

In tali procedimenti, assai soventemente, le curatele argomentano la scientia decoctionis riclassificando le poste degli ultimi bilanci, strumento che la Corte veneziana ha ritenuto inidoneo e fuorviante.